Merlot 50%, Ciliegiolo 20%, San Giovese
30%
Finalmente un attimo di
riposo. Tutta la casa dorme e te ne stai con le gambe stese sul divano,
completamente avvolta da una calma soddisfatta e da un silenzio rassicurante.
Avere dodici anni o quasi quaranta adesso cambia poco. Giri la testa e osservi
le due dita di rosso rimaste nel bicchiere, una bolla luminosa rosso rubino ti
colpisce in pena faccia, lo sai che è solamente la luce della lampada che
passando attraverso quel misto di Merlot, Ciliegiolo e San Giovese, arriva
dritta ai tuoi occhi, ma per qualche tuo motivo adesso senti che sa una sorta
di messaggio.
La lingua morbida passa
sul palato, catturando particelle di gusto dell’ultimo sorso, riaffiorano nella
mente sentori di more, l’idea di un angolo di bosco inaccessibile a tutti
tranne che a te, dove ti puoi stendere e riposare, nascosta anche agli affetti
più cari. Perché gli vuoi bene, ma ogni tanto hai bisogno di essere solo te
stessa. Così osservi l’ultimo goccio da bere, così come guarderesti le labbra
di un amante mentre valuti indecisa, sospesa tra desiderio e peccato, se dargli
ancora un bacio. Prima che la tua mente se lo dimentichi, almeno fino a
domattina.
Ti culli in questo stato
indefinito che si avvicina quasi alla soddisfazione, quando l’occhio cade (o
forse si sposta per autonoma volontà) sul cellulare. Lo schermo è nero, come
dovrebbe esserlo in una serata tranquilla in cui hai finalmente due ore per te,
eppure un’ombra non ti lascia serena. Non è la paura che vibri alla presenza di
qualcuno, non è il timore di dover inventare scuse. Quello che ti frega è il
non saper dare un nome alla cosa. Non vorresti pensarci, ti sei quasi sbronzata
per questo, eppure gli occhi fanno sempre la stessa strada e ti riportano lì,
perché lo sai che se arriva qualcosa è questo il momento. Sforzi la mente per
focalizzarla altrove, passi nuovamente la lingua sul palato, lamponi e more
tentano di riportarti in quella selva dove andavi con i tuoi genitori da
piccola, sperando di vedere un lupo o un cervo. Rifletti su quello che tante
volte hai detto alle tue amiche, che va seguito ciò che si sente, perché
altrimenti non è vita, perché vivere di rimpianti è una lunga e straziante
eutanasia.
Lamponi, more, odore di
terra umida si mischiano nella tua testa a quei consigli che se elargiti agli
altri paiono sempre facili da seguire, massime filosofiche perfette, che
racchiudono tutta la verità del mondo, ma che vacillano non appena le
applichiamo a noi stessi.
Arriva il messaggio e per
un attimo il dolce del Ciliegiolo sparisce dalla tua bocca. Dovresti essere
pronta a rimbalzare certe attenzioni, dovresti, ma un angolo della tua testa ti
lascia in sospeso, con un dubbio che non se ne va. Così leggi, ascolti, ponderi
la risposta. Perché sei felice che il messaggio sia arrivato, inutile fare
finta, ma in qualche modo ti mette a disagio. Alla fine rispondi, per come ti
viene quella sera, lasciando irrisolto l’eterno quesito se vuoi vedere dove ti
porterà ciò che senti o se preferisci restare nella zona che conosci.
Ora quelle due dita di
rosso decidi di berle, serri le labbra per strappare l’ultimo istante di
piacere tannico e per fingere che il labbro superiore sia il suo, finalmente
serrato al tuo. Poi ti senti scema, quindi lo desideri con più ardore, un
attimo dopo ancora scema e di nuovo più appassionata che mai. Ti rendi conto
che sopra ciò che desideri c’è un cerotto e che tutto quello che ti frena è la
paura di tirarlo via. Non temi il dolore, ma quello che può venirne fuori dopo.
Così aspetti e ti senti colpevole nel farlo, speri che lui trovi la forza per
fare quello che vuoi ma non ammetti neanche a te stessa e ti auguri che quando
accadrà non ti nasconderai dietro una scusa.
Il bicchiere è vuoto e il
letto è il solo finale anche per questa notte. In testa ti gira ancora l’ultima
canzone e lo mandi al diavolo perché non è capace dell’ultimo passo, ma alla
fine ti conviene propri così. Tra i denti stringi l’interno delle guance e
l’ultimo ricordo del Merlot si perde tra una strofa e un pensiero furtivo.
Realizzi di esserti
costruita una gabbia più piccola dentro quella enorme nella quale questo virus
ci ha fatto precipitare e la cosa strana è che questo è il solo luogo dove ti
senti libera.
Racconto inedito breve di Francesco Calzoni.
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