Il buio ti assale subito, fin dalla
prima pagina, a precisare che sarà una continua lotta tra noi, che annaspiamo
tentando di tirar fuori la testa per prendere una boccata d’aria, e i flutti
della mente che zavorrano inesorabili verso il fondo.
Eppure, in “Mai stato figlio” (Kdp 2021,
pubblicato sotto lo psuedonimo di M.J. Inkroads), terza opera edita di Maria
Laura De Luca (“Il peccato più grande” 2017 per Alter Ego e “Il vero colore dei
camaleonti” 2020 per Kdp), tutto appare immediatamente chiaro. Conosciamo Frank
(Francesco), cosa fa e ciò che è. Tuttavia, quella disturbante sensazione di
malessere, fin dal principio ci fa dubitare della realtà che così chiara si
dipana davanti ai nostri occhi, riga dopo riga.
Perché qui, di chiaro, non c’è nulla.
Solo buio, ricordi che richiamano altro buio. Vite che si mischiano - per caso
o destino, che il lettore scelga il vocabolo preferito - perché unite da antica
amicizia e dolore, o per un fortuito scherzo del fato (appunto).
Ecco, il destino, altra parola chiave di
tutta l’opera. Anzi riflessione chiave di tutto il romanzo, della vita di
chiunque a pensarci bene. Che il nostro passato ci influenzi in maniera
decisiva è chiaro a tutti, non è in discussione. Ma quanto e come possiamo
affrancarci da questo? Dove sta il confine tra rivalsa e vendetta? Tra
rivendicazione e abuso? Siamo sicuri che lottare per emanciparsi porti a un
finale differente - non dico migliore o peggiore - rispetto all’accettazione
passiva del “quel che è stato, è stato”?
Con la sua scrittura pulita e incisiva,
Maria Laura è bravissima nel rendere le compulsioni ossessive del protagonista
e la precarietà di chi gli ruota intorno, così brava da, come già scritto, in
certi passaggi “disturbare”. Che poi, trattandosi di un thriller/noir, è il
miglior complimento possibile. Ogni scena, ogni riflessione, ci riporta a
interrogarci su quanto appena detto.
Pagina dopo pagina, il dubbio abbraccia
ogni personaggio della storia, a cominciare dalla “Bionda”, una tentazione
troppo forte, o un angelo redentore, che il protagonista si ritrova
praticamente in casa. È un viaggio attraverso e assieme alla mente di Frank,
dei suoi ragionamenti, delle sue paure, dei suoi slanci quando è finalmente
convinto di aver trovato - a modo suo - un riscatto. È un viaggio nel buio, e
nel buio, si sa, ogni coordinata va perduta. Però avvince, non permette ad
alcuno di staccarsi dal suo abbraccio, e dunque le pagine scorrono veloci,
mentre cerchiamo di anticipare l’autrice e scoprire come tutti i fili alla fine
si ricongiungeranno.
Siamo presi da questa lotta contro il
tempo, da un’impresa che pare quasi impossibile, e alla fine, quando tutto
sembra andare a posto… Beh il buio non finisce mai, ormai dovremmo averlo
capito.
Riflettendoci bene, per quanto possa
sembrare assurdo, non ci sono personaggi veramente negativi, forse uno, ma solo
anime dannate da una vita che non hanno scelto.
Per concludere volevo solo far presente
che pure io, che mi chiamo Francesco come il protagonista, trovata la posizione
giusta sul divano è veramente difficile farmi alzare. Che significa? Leggete il
libro!
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