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martedì 8 novembre 2022


Merlot 50%, Ciliegiolo 20%, San Giovese 30%

 

Finalmente un attimo di riposo. Tutta la casa dorme e te ne stai con le gambe stese sul divano, completamente avvolta da una calma soddisfatta e da un silenzio rassicurante. Avere dodici anni o quasi quaranta adesso cambia poco. Giri la testa e osservi le due dita di rosso rimaste nel bicchiere, una bolla luminosa rosso rubino ti colpisce in pena faccia, lo sai che è solamente la luce della lampada che passando attraverso quel misto di Merlot, Ciliegiolo e San Giovese, arriva dritta ai tuoi occhi, ma per qualche tuo motivo adesso senti che sa una sorta di messaggio.

La lingua morbida passa sul palato, catturando particelle di gusto dell’ultimo sorso, riaffiorano nella mente sentori di more, l’idea di un angolo di bosco inaccessibile a tutti tranne che a te, dove ti puoi stendere e riposare, nascosta anche agli affetti più cari. Perché gli vuoi bene, ma ogni tanto hai bisogno di essere solo te stessa. Così osservi l’ultimo goccio da bere, così come guarderesti le labbra di un amante mentre valuti indecisa, sospesa tra desiderio e peccato, se dargli ancora un bacio. Prima che la tua mente se lo dimentichi, almeno fino a domattina.

Ti culli in questo stato indefinito che si avvicina quasi alla soddisfazione, quando l’occhio cade (o forse si sposta per autonoma volontà) sul cellulare. Lo schermo è nero, come dovrebbe esserlo in una serata tranquilla in cui hai finalmente due ore per te, eppure un’ombra non ti lascia serena. Non è la paura che vibri alla presenza di qualcuno, non è il timore di dover inventare scuse. Quello che ti frega è il non saper dare un nome alla cosa. Non vorresti pensarci, ti sei quasi sbronzata per questo, eppure gli occhi fanno sempre la stessa strada e ti riportano lì, perché lo sai che se arriva qualcosa è questo il momento. Sforzi la mente per focalizzarla altrove, passi nuovamente la lingua sul palato, lamponi e more tentano di riportarti in quella selva dove andavi con i tuoi genitori da piccola, sperando di vedere un lupo o un cervo. Rifletti su quello che tante volte hai detto alle tue amiche, che va seguito ciò che si sente, perché altrimenti non è vita, perché vivere di rimpianti è una lunga e straziante eutanasia.

Lamponi, more, odore di terra umida si mischiano nella tua testa a quei consigli che se elargiti agli altri paiono sempre facili da seguire, massime filosofiche perfette, che racchiudono tutta la verità del mondo, ma che vacillano non appena le applichiamo a noi stessi.

Arriva il messaggio e per un attimo il dolce del Ciliegiolo sparisce dalla tua bocca. Dovresti essere pronta a rimbalzare certe attenzioni, dovresti, ma un angolo della tua testa ti lascia in sospeso, con un dubbio che non se ne va. Così leggi, ascolti, ponderi la risposta. Perché sei felice che il messaggio sia arrivato, inutile fare finta, ma in qualche modo ti mette a disagio. Alla fine rispondi, per come ti viene quella sera, lasciando irrisolto l’eterno quesito se vuoi vedere dove ti porterà ciò che senti o se preferisci restare nella zona che conosci.

Ora quelle due dita di rosso decidi di berle, serri le labbra per strappare l’ultimo istante di piacere tannico e per fingere che il labbro superiore sia il suo, finalmente serrato al tuo. Poi ti senti scema, quindi lo desideri con più ardore, un attimo dopo ancora scema e di nuovo più appassionata che mai. Ti rendi conto che sopra ciò che desideri c’è un cerotto e che tutto quello che ti frena è la paura di tirarlo via. Non temi il dolore, ma quello che può venirne fuori dopo. Così aspetti e ti senti colpevole nel farlo, speri che lui trovi la forza per fare quello che vuoi ma non ammetti neanche a te stessa e ti auguri che quando accadrà non ti nasconderai dietro una scusa.

Il bicchiere è vuoto e il letto è il solo finale anche per questa notte. In testa ti gira ancora l’ultima canzone e lo mandi al diavolo perché non è capace dell’ultimo passo, ma alla fine ti conviene propri così. Tra i denti stringi l’interno delle guance e l’ultimo ricordo del Merlot si perde tra una strofa e un pensiero furtivo.

Realizzi di esserti costruita una gabbia più piccola dentro quella enorme nella quale questo virus ci ha fatto precipitare e la cosa strana è che questo è il solo luogo dove ti senti libera.


Racconto inedito breve di Francesco Calzoni.

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