Palazzoni identificati da numeri o lettere, catrame, macchine e clacson, rumore di treni che sfrecciano sui binari di fronte a sbarre chiuse, piccoli sprazzi di verde inframmezzano vite che si svolgono chiuse tra le pareti di piccoli monolocali ricoperti da tatami nei quali la luce filtra, spesso, dalla sola finestra, unica apertura sui muri di cemento armato duri e resistenti, fatti apposta per un paese che, invece, ama dondolare, e lo fa spesso, anche con conseguenze terribili. Queste vite sono molteplici, fluttuanti, all'apparenza anonime, vite di uomini e donne che, nell'immaginario occidentale, appaiono sempre immersi nella frenesia del correre, del lavorare, senza mai riposare senza, quasi, avere sentimenti, formichine produttive di un paese sempre proteso verso il futuro. Le donne giapponesi, fino agli anni novanta, sono state escluse dai ruoli predominanti della società e si vanno avviando da qualche decennio verso una lenta, ma costante, emancipazione, che le sta portando fuori da quel mondo oscuro e chiuso delle casalinghe che, nella vita, avevano poco più che la prospettiva di sposarsi, prendere il nome del marito e fare un figlio per finire a occuparsi di entrambi e della casa. Sono proprio loro, le casalinghe di Tokyo, le protagoniste di questo noir scritto da Natsuo Kirino (pseudonimo di Mariko Hashioka), regina indiscussa del giallo giapponese, pioniera del genere e autrice di altre opere assolutamente degne di nota (solo per citarle "Grotesque", "Morbide guance", "In").
Yaoyoi, placida e remissiva casalinga, benvoluta nel vicinato, occupa il proprio posticino nel meccanismo collaudato del mondo finché un giorno qualunque, sfinita dall'opprimente e violento Kenji, marito che ha dilapidato tutti i suoi risparmi al gioco e con le donne, compie un gesto irreversibile e lo uccide sulla soglia di casa, strangolandolo con la cintura dei pantaloni, e provando subito dopo una sensazione del tutto nuova. Si sente viva, sente di essere finalmente libera, sciolta dal giogo di un uomo che "non meritava certo di vivere". Yaoyoi ride, compiaciuta dal proprio gesto, nell'insana follia che, da quel giorno, si impossesserà di lei, finendo per coinvolgere le sue amiche fidate, Masako e Yoshie, che la aiuteranno a disfarsi del cadavere di Kenji, facendolo a pezzi e gettandolo in vari bidoni della spazzatura dislocati in più punti della città al fine di non destare sospetti. Nella fabbrica oscura e puzzolente in cui le donne lavorano, si trova anche Kuniko, quarta delle casalinghe, anch'essa vittima di un marito abusante e perseguitata da un usuraio. La storia è una lenta trasformazione, che sfocia nell'autodistruzione di quattro donne che si trovano a vivere ai margini del mondo, oppresse da una società maschilista e indifferente, che si trovano a manifestare attraverso la brutalità la propria sete di rivalsa. "Le quattro casalinghe di Tokyo" è un thriller coinvolgente e inquietante, che non lascia indifferenti, ma che porta a chiedersi fino a che punto ci si può spingere quando si tenta di urlare disperatamente una richiesta di aiuto. E' lo specchio non solo del lato oscuro della società giapponese, ma anche di quella di tutto il mondo in cui, purtroppo, ancora molte, troppe donne, gridano in silenzio senza essere ascoltate.
"Com'è facile cadere per un essere umano, non trovi" mormorò, e Masako le rivolse uno sguardo pieno di compassione. "Sì. poi è come scendere precipitosamente per una china con una bicicletta senza freni." "Vuoi dire che niente e nessuno riesce più a fermarti?" "Sì. A meno che non si vada a sbattere contro qualcosa".
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