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mercoledì 26 ottobre 2022

Carlo legge cose: "Norwegian Wood" di Murakami Haruki


Forte delle sue origini, Carlo si immerge ogni tanto nella lettura di autori provenienti dal paese del Sol lavante. Di Murakami si è detto tutto e il contrario di tutto in molte sedi, più volte candidato al Nobel per la letteratura senza mai uscire vincitore, fenomeno, bluff, ghost. Personaggio schivo e riservato, amante della musica jazz, collezionista di vinili gelosamente custoditi nel suo studio a Tokyo, è stato proprietario di un locale in cui si suonava blues e jazz (questa esperienza è narrata nel suo libro "A sud del confine, a ovest del sole"), maratoneta ("L'arte di correre") Murakami è uno scrittore prolifico, i suoi libri sono distribuiti in tutto il mondo e si può dire senza ombra di dubbio che grazie a lui si è acceso, da parte dell'occidente, un forte interesse verso la narrativa contemporanea giapponese. Non è facile parlare soltanto di una delle sue opere e la sua produzione è così vasta e complessa da non poter certamente essere racchiusa in un articolo. Carlo si è fatto immortalare con "Norwegian Wood, Tokyo blues", forse il primo libro che ha fatto conoscere al mondo il genio di Murakami, il cui titolo è ispirato dall'omonima canzone dei Beatles che fa da sottofondo al primo flashback del protagonista nelle prime pagine. Sullo sfondo di un paese cupo, quasi ostile, teatro delle prime rivoluzioni studentesche degli anni '60 si dipanano le reminiscenze di Toru Watanabe, studente all'università di Tokyo, che ricorda la fragile Naoko e la solare Midori, due facce della stessa medaglia, entrambe legate a Toru da un rapporto complicato, viene ricordato Kizuki, amico, idolo di Toru e fidanzato di Naoko, che inspiegabilmente si toglie la vita a diciannove anni lasciando attoniti gli amici che non riusciranno mai a guarire dalla ferita profonda della sua scomparsa, soprattutto Naoko che soccomberà al dolore. Il tema del suicidio, della fine brusca della vita, permea questo libro dandogli un tono malinconico e quasi rassegnato, essendo in Giappone, soprattutto in quegli anni, molto diffusa tale pratica, soprattutto tra i giovani. Tuttavia Toru sopravvive, riesce a laurearsi e a pagarsi gli studi lavorando, sceglie di vivere, sceglie di non farsi soffocare da tutto ciò che gli succede intorno, porta il fardello dei propri ricordi sulle spalle come un carico da depurare e lo fa giorno dopo giorno seguendo una linearità di percorso senza troppi scossoni, riflettendo sul senso della vita, affidando ai ricordi il senso della perdita e guardando avanti senza mai, però, dimenticare. Il fascino di questo libro probabilmente è racchiuso proprio nella volontà di Toru di non arrendersi, di nuotare come una carpa contro corrente, di resistere. Non compie gesti eclatanti, non è un eroe dagli alti proclami, è un uomo, un uomo figlio di una cultura controversa quanto affascinante, che un occidentale probabilmente non riuscirà mai a comprendere fino in fondo. Toru apre con discrezione una porta di carta di riso e ci permette di vedere, di entrare nel suo mondo di chiaroscuri, di ombre e di luci soffuse, di fari nella notte, di birra e solitudine raccontandoci il suo attaccamento alla vita e il senso profondo di una scelta.

Murakami Haruki, "Norwegian Wood, Tokyo Blues", 1987.

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